COSA SIGNIFICA FARE UN VIAGGIO DI GRUPPO SOLIDALE IN MADAGASCAR

Fare un viaggio di gruppo insieme a persone sconosciute è sempre una decisione che richiede un certo coraggio, spirito di adattamento e capacità di mettersi in gioco.

A maggior ragione, se si tratta poi di un viaggio di gruppo solidale, che rispetto a un viaggio tradizionale prevede anche esperienze molto al di fuori della zona di comfort, quali ad esempio gli incontri con le comunità locali, la partecipazione ad attività di volontariato e le visite in luoghi spesso lontani dai circuiti del turismo di massa.

Potremmo spiegare cosa significa per noi partecipare a uno dei Viaggi Solidali di Gruppo che organizziamo in Madagascar, ma abbiamo preferito farlo raccontare direttamente da chi lo ha vissuto in prima persona.

Abbiamo quindi raccolto le testimonianze delle ragazze e i ragazzi del gruppo che ha viaggiato in Madagascar insieme al nostro tour leader Francesco Morelli a ottobre 2025.

Francesco

È stato pazzesco, forse, anzi senza forse, il più bel viaggio che ho fatto fino ad oggi.

Sia per il Madagascar, che ormai avevo conosciuto l’anno scorso e che mi aveva rapito il cuore, e motivo per cui sono voluto tornare, ma anche per il gruppo che è stato eccezionale.

Ci siamo divertiti tantissimo. Abbiamo riso, abbiamo scherzato, ma abbiamo vissuto anche tanti momenti intensi e di crescita. Perché il Madagascar in un modo o nell’altro ti fa crescere con tutto quello che ti mette davanti agli occhi.

Abbiamo condiviso tanto, c’è stata veramente tanta condivisione di storie, di amore in generale tra di noi e con le persone del Madagascar. Perché ci sono state la famiglia dove abbiamo dormito, le guide e tutte le persone che abbiamo incontrato, fino a poi ad arrivare a Tulear e a toccare con mano l’attività di Aid4Mada, che sono state un balsamo sul cuore. È stato tutto, tutto perfetto.

In particolare, tornare alla Casa del Miele per me non è stato facile, perché è proprio lì che l’anno scorso avevo lasciato un pezzettino di cuore. Però tornare e vedere quella casetta che abbiamo inaugurato l’anno scorso piena è stato ancora più bello. Vedere i sorrisi di Caroline, dei bambini, la gratitudine, soprattutto i loro occhi, è qualcosa di unico. E quel posto è qualcosa di speciale, un posto dove si respira amore, ci si sente al sicuro.

Della Casa del Miele come di tutto il resto del progetto Aid4Mada cosa posso dire? Che sono fiero di poterlo supportare, di farne parte come Ambassador. Ringrazio ancora Davide, Nicole, Massimo e tutti quelli che si impegnano ogni giorno per rendere la vita migliore a un popolo, a un paese e soprattutto ai bambini, che meritano di essere davvero bambini.

Chiara T.

È stato intenso, intensissimo.

Ero partita con le aspettative già alte, perché avevo avuto modo di seguire le storie di Francesco, però viverlo in prima persona è stato speciale. Come fosse un nuovo inizio. Spero che non sia solo un nuovo inizio per me, ma anche per le persone che abbiamo avuto modo di incontrare.

E poi ho avuto la fortuna di far parte di un gruppo meraviglioso di persone con cui condividerlo, perché effettivamente sono state le persone che mi hanno dato la forza in questo viaggio e sono stati quel valore aggiunto. Le persone del gruppo, le persone al di fuori, tutto quanto.

Se dovessi descrivere questo viaggio con una parola, forse sarebbe sorriso. Perché mi ha stupito tantissimo che andando in giro, in pullman, a piedi, ovunque, tutti ci salutassero con un sorriso spiccicato sulla faccia, da delle capanne distrutte però con il sorriso. È stato assurdo, perché se ripenso come viviamo noi ogni giorno, che a mala pena ti saluti con il vicino di casa che incontri tutti i giorni. E qui invece ti salutano tutti, è stato speciale.

I sorrisi che abbiamo condiviso anche tra di noi, perché non c’è stato effettivamente un giorno in cui abbiamo sorriso. E penso che sia la cosa che mi ricorderò in assoluto di più. Il fatto di aver sorriso per tutto il viaggio, non c’è stato un momento in cui non mi sia sentita a mio agio qua. Quindi niente, sorriso sicuramente.

Che cosa mi porto a casa dal viaggio? È un bel bagaglio, non ho ancora rielaborato, quindi non so bene come descriverlo. Però come dicevo prima diciamo che voglio proprio che sia un nuovo inizio. Quando ho conosciuto Florida, la bambina che ho adottato a Tulear, e mi ha guardato negli occhi, ha sorriso. Mi è sembrato proprio di fare in modo che avesse un nuovo inizio lei, e quindi che lei allo stesso modo lo stesse dando a me. Quindi porto il cuore pieno a casa, il cuore pienissimo, sicuramente.

Una parola in malgascio? Salama (“ciao”), perché è la prima che ho imparato e l’unica che mi ricordo. Quella che ho detto di più in assoluto. Niente, quindi salama a tutti. Un bacio.

Davide

Penso sia difficile descrivere il vortice di emozioni che abbiamo vissuto.

E per questo dico a tutti di venire qua a viverle di persona, perché a parole non è semplice raccontare quello che abbiamo vissuto. E per questo non vedo l’ora di tornare.

Il momento più bello? Difficile sceglierne uno. Penso quando eravamo nel falò ed io ho sentito l’unione del gruppo e la forza di quello che stiamo facendo. Mi sono emozionato.

Se dovessi descrivere il Madagascar con una parola, direi Misaotra (“grazie”), ma anche amore.

L’emozione più forte? È stato bello vedere di persona l’impatto che sono riuscito a creare grazie alla raccolta fondi che avevo deciso di lanciare per il mio compleanno. Vedere nel concreto come tante gocce di acqua hanno creato questo mare di amore e hanno premesso a tante persone di avere accesso d’acqua. Per noi è una cosa così scontata, ma purtroppo in tante aree remote del mondo non lo è. E parlare con i capi villaggio, vedere i loro sorrisi, i loro occhi emozionati e grati. Mi hanno riempito il cuore.

Federica

Prima di partire avevo un misto di emozioni.

Innanzitutto, avevo paura di non essere all’altezza, di non riuscire a vivermi serenamente questa esperienza perché appunto non mi sentivo all’altezza, non mi sentivo abbastanza forte psicologicamente e fisicamente. Però sono venuta col cuore aperto, anzi spalancato e devo dire che è stato riempito d’amore.

Sono felicissima di quello che ho vissuto, anche se ci sono stati dei momenti in cui ho sentito frustrazione, impotenza perché avrei voluto salvare tutti. Ma non li possiamo salvare tutti, non li possiamo aiutare tutti però ho capito che queste emozioni poi vanno canalizzate per poter trovare la strada, per comunque essere quella piccola goccia in mezzo al mare che comunque in minima parte cambia il mondo, partendo da un cambiamento di se stessi.

E io mi sento già in parte cambiata, spero di riuscire a portare nel mondo quello che adesso ho dentro e che mi ha dato il Madagascar.

Se dovessi descrivere questa esperienza con una parola, un colore, un’emozione? Colore rosso perché ovviamente la terra è rossa e parole ne ho due.

Una è amore autentico perché penso che qui mi abbiano insegnato ad amare come non avevo mai fatto prima. Persone di cui non capivo nemmeno la lingua e quindi è stato solo un incrocio di sguardi, un toccarsi le mani, sfiorarsi. E poi speranza, perché Davide, Nicole e tutti i volontari di Aid4Mada la incarnano a tutti gli effetti e quindi li ringrazio perché comunque c’è stata questa possibilità che poi è culminata nell’aver conosciuto la bimba che ho adottato.E sono felice perché anche io posso contribuire a darle un futuro, e questa è la piccola goccia in mezzo al mare di cui parlavo.

Una parola in malgascio? Zifera che è la ragazza che preparava il cibo per noi al campeggio e il suo nome vuol dire “senza limiti”. Non ha bisogno di spiegazioni.

Leandro

Molte tratte in autobus tutti insieme, a tratti lunghe, che però ci hanno permesso di unire il gruppo e di farci vedere anche tanti lati diversi di questo paese, dalle cittadine alle campagne, alla povertà più estrema che purtroppo è presente in questo paese.

Se dovessi descrivere il Madagascar con una parola, direi autentico, autentico in tutte le sue forme appunto dalla bellezza, dalla natura che puoi trovare, paesaggi che puoi vedere, alle persone che incontri.

Una parola in malgascio? Direi Zanaki, che vuol dire “nipote”. Questo viene dal rapporto che abbiamo instaurato con la guida locale Titi che mi ha preso sotto la sua ala, tant’è che mi chiamava nipote, io lo chiamavo zio e quindi mi ha insegnato a dirlo in malgascio.

Che cosa mi porto a casa da questo viaggio? Tante amicizie in più, tante amicizie molto strette. Questo viaggio mi ha permesso appunto di approfondire ancora di più la conoscenza con chi già conoscevo e soprattutto conoscere tante nuove persone straordinarie.

E direi anche tanta più consapevolezza di cosa c’è nel mondo, di cosa ci circonda e di cosa abbiamo intorno sia casa nostra che fuori dalla nostra casa.

Gessica

Oltre le aspettative, non penso di non aver mai vissuto tutte queste emozioni, tutte insieme in un unico viaggio.

E se dovessi descrivere con una sola parola il Madagascar, io direi tsunami. Tsunami perché quando arrivi qui e pensi di poter semplicemente donare speranza oppure qualche momento di spensieratezza a queste persone, in realtà ti stai sbagliando. Perché vieni travolta da un’onda enorme e inaspettata, e non ti rendi conto che ricevi indietro il triplo dell’amore che pensavi di dover dare tu a queste persone. Quindi sono gli occhi delle persone che incroci, le mani dei bambini che ti prendono e ti trascinano e ti portano a viaggiare che ti fanno rendere conto che tu puoi fare qualcosa per queste persone.

Mi porto a casa gli sguardi pieni di gratitudine, semplicemente perché ho contribuito alla realizzazione di un pozzo, mi porto a casa gli occhi lucidi, i sorrisi dei bambini che sono state delle carezze in un mare di sofferenza.

Una parola in malgascio? Misaotra (“grazie”)!

Marta

Allora è stato un viaggio sicuramente unico, stancante, faticoso, scomodo e per questo assolutamente incredibile e indelebile. Io mi sono goduta ogni momento, ogni panorama, ogni sorriso, ogni momento di malinconia e per questo è stato bellissimo.

Se dovessi descrivere il Madagascar con una parola, un colore, un’emozione? Allora penso che utilizzerei la parola cura perché chi lo abita si prende cura. Di chi come noi è arrivato come straniero.

Cosa mi porto a casa da questa esperienza? Allora questi 15 giorni ci hanno permesso sicuramente di mischiarci alle persone del Madagascar, di imparare ad andare mora mora (“piano piano”). E di capire che effettivamente le cose si possono cambiare cambiando una vita alla volta, come si legge negli occhi dei bambini, delle madri e come è scritto anche nella scuola di Aid4Mada. Credo che questo viaggio in particolare, ma qualsiasi viaggio, ci permette di capire non tanto quello che vogliamo fare ma effettivamente chi decidiamo di essere.

Una parola in malgascio? Malala, che significa “amore” e che è anche l’inizio del nome della bambina che ho adottato.

Chiara F.

Questo viaggio alla scoperta del Madagascar è stato per me un viaggio nelle emozioni. Lo stupore per la natura, la gioia per i sorrisi ricevuti, l’amore trasmesso dagli occhi profondi dei bambini e dalle mani che hanno stretto alle mie. L’affetto ricevuto dai villaggi e dalla famiglia dei betsileo. Ma allo stesso tempo ho provato anche rabbia, senso di impotenza e ingiustizia per le condizioni in cui vivono molte persone e per la mancanza di diritti fondamentali. Una montagna russa di emozioni che ho avuto la fortuna di poter condividere con un gruppo speciale.

Il modo di dire malgascio tranobongo misi tantely (“nella casa di fango c’è il miele”) mi è rimasto nel cuore perché descrive come anche dal niente si possano generare tante cose belle ed è proprio questa la magia del Madagascar!

Mi porto a casa la consapevolezza che ognuno di noi, nel suo piccolo, può fare la differenza. E basta solo aprire il cuore per riuscirci.

Una parola malgascia? Salama (“ciao”)!!!

Jessica

Difficile descrivere con le parole lo tsunami di emozioni provate in questi giorni. Ci vorrà un po’ di tempo per assimilarle tutte.

È stato un viaggio che ci ha messo di fronte ad una realtà diversa da quella alla quale siamo abituati. Una realtà profondamente crudele, ingiusta e dolorosa.

Noi occidentali siamo abituati a lamentarci, di continuo, nonostante non ci manchi nulla. Siamo costantemente concentrati su noi stessi, nella nostra continua corsa ad avere sempre di più e spesso ci dimentichiamo di quello che ci succede attorno, dei nostri sentimenti e di quelli delle anime con le quali condividiamo parti più o meno importanti della nostra vita. Ci dimentichiamo di esistere come persone e non come macchine.

Il popolo malgascio non ha nulla, ma ci ha accolti donandoci tutto quel poco che hanno, sorrisi, amore, tenerezza, gentilezza.

Mi genera rabbia pensare che noi occidentali che abbiamo tutto non siamo disposti a dare nulla al prossimo e loro che non hanno nulla e vivono nella miseria sono disposti a dare tutto. Ma anche speranza di poter cambiare, nel mio piccolo, il mio modo di vivere e soprattutto di essere riconoscente ed aiutare questo popolo meraviglioso che abbiamo conosciuto.

Se dovessi usare una parola per descrivere il viaggio, direi premura perché, nonostante sia un popolo estremamente povero, con i loro sorrisi e la loro gentilezza sono in grado di prendersi cura dell’altro.

Mi porto a casa l’intensità dei loro sguardi che colpiscono dritto al cuore, creano una dolorosa ferita e poi la riempiono d’amore.

Una parola in malgascio? Misaotra (“grazie”)!

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